Pubblicazioni
Scelta di poesie edite su periodici e antologie
Violino
Disse il tuo violino
con archetto che danzava
tra le tue mani
sapienti pathos
in dimensione quarta.
Non muore la memoria
e intimi i ritorni
tra luci che sfaldano
piano
piano
in polvere di dolce evanescenza
nelle seriche frange del passato
che non ha ladri.
Dice il tuo violino
parole sempre nuove
plananti con moto lieve d'ali
su chi vive l'ascolto.
Trilogia
ha ottenuto la Segnalazione d'onore Premio letterario internazionale ACLI Ticino
Fede
Oltre l'acqua e il fuoco.
Oltre strati di storia ed il deserto.
Oltre il sole e il buio delle notti.
Non ieri.
Non domani.
Solo il presente nell'amore
che scalda giorni orbati.
Redenzione dai bracci della Croce
fiorita in gerbidi previsti.
Verranno riaperti occhi
tese braccia
verso sperate comprensioni
in luce vincente.
Speranza
Incrociammo il cammino:
pellegrini del dolore.
Non sarà più notte fra poco;
per dolci fiumi
scenderanno le canoe
fino alla spiaggia
dove il sole non cade.
Carità
Avevo fame
e mi hai dato cibo.
Avevo sete
e mi hai dato acqua.
Le lacrime rigavano il mio volto,
le hai seccate
mormorando dolcemente.
La solitudine
rodeva le mie ore,
l'hai fugata con la tua presenza.
Mio padre
non è tuo padre.
Mia madre
non è tua madre,
fratello!
Grido pace
Mastico la notte con
denti acerbi
come aglio a spicchi
in alveoli di piombo fuso.
E il rosso fungo
sfrigola in acque pure.
Non saranno più albe
pel tuo volto bambino
che ingrigerà in cenere di licheni
con le mie carni molli d'anni vecchi.
Ma io grido PACE
in viscerale diritto
scostando l'anima da occhi-mostro
che ridono veleno,
sorda a cacofonie di morte
in cercate apocalissi oscene.
Ma io grido PACE
con primitiva voce agreste
che scava echi profonde
in aperte vallate.
Sa di pane il mio fiato mentre grido,
sa di buona terra degli avi
che appendono levigate amigdale
a rami verdi di salici flessuosi.
Armonia di cetra
e fiori di mandorlo sui rovi.
Specchio
Non hanno valore
queste rughe
che vedo riflesse nello specchio.
Dietro il nitrato d'argento
io posso camminare a ritroso
senza piangere
purché lo voglia.
Una tazza di nostalgia
Vuoto la mia tazza di
nostalgia
anche stasera
Erédia.
Ti immagino fertile e calda
come una zolla di terra bruna
bagnata di pioggia sottile.
Io qui
mi nutro di sabbia bruciata
e da sempre
bevo la mia tazza di nostalgia
al chiarore lunare
ma con sguardo
rivolto a levante.
Pure
ancora non so il suo sapore
Erédia.
Gioca pulito
Gioca pulito
tutta la vita;
sfrega le dita nella falda del cappello
al lucido alito del vento
alla ruvida roccia
se ti paiono sporche
e specchiati nella sorgente
dove idrometre innocenti
protendono le zampe
in uno sforzo inconscio
d'aggancio.
Come loro
appoggiati al tuo gioco pulito
ma spesso ti sovvenga
di schiudere le labbra
in pura offerta di te stesso
prima di sfiorare l'acqua
nel suo perenne divenire.
Riprova
Abbiamo riprovato
ma la raucedine dei grilli
ha macchiato la luna
e il fiume
s'è subito ossidato.
Il coro impazza
Non voglio unirmi al coro
quando impazza.
Lasciatemi addossata
allo stipite vuoto
come occhiaie d'anonimo teschio.
Morirò muta
ma non voglio unirmi al coro
quando impazza.
Noli me tangere
Tieni lontano
dal mio volto
le mani
anche se t'amo
– lo sai.
Non toccare la mia pelle
per pochi attimi ancora:
romperesti il velo di musica
che l'avvolge
ed entrambi
moriremmo un poco
l'uno nell'altra.
Clessidre inutili
Sabbia lucente
di minuscole scaglie di mica
capovolta
in clessidre inutili.
Geme in un silenzio minaccioso
il Tempo.
È già domani
ed io
non ho dormito,
non ho vegliato.
Obitorio
Sole fiacco
su betulle spoglie
su sempreverdi
lucidi d'inverno…
In:
scintillanti piastrelle
come schegge di ghiaccio
bianche,
da cui la morte
rimbalza nelle mie ossa
lisce come semi mondati
– durezza di pietra levigata –
rimbalza
su tormentate maniglie di frigo
in un'irrefrenabile danza
di meccanismi eterni
con nero d'abisso;
rimbalza
su candida porcellana
di oscena dissezione
da cui cola vita
marcita fin dal nascere.
Crudezza di lacrime nere
sotto spietato neon
che schernisce.
Abeti a schiera
Mordo un sorso di cielo.
La luna
appesa in alto
moneta di metallo antico.
Dal poggio
scendono a schiera
profondi abeti
aggrovigliando aghi
in matasse sfatte
di smorta luce.
Ed io
con rabbiosa fame
di tenebra mi nutro.
Ero sola a guardare
È peccato forse
levigare desideri
di pioppi tremuli
e prode di miosotis
tra musco
ove non scenda
la luna a morsi
in sonde velenose
a reclamare
primati di mistero.
È peccato forse
pensare a boschi d'avellane
e rossi rododendri
senza panie.
Ho visto stelle stanotte
in silenzi immaginati.
Ero sola
a guardare.
Non pretendere
Non pretendere
ch'io ti veda nell'anima
e ti riconosca.
Cieco è l'odio
e cieco è l'amore.
Ognuno è solo
nella sua caverna
buia e profonda
dove l'eco degli altri
penetra
fragile e incerto.
Scriverò
Scriverò
fino a tuffare gli occhi
nelle ombre della sera;
anche se le mie carte
ingialliranno
tra i crisantemi dell'orto.
Sto volando
e m'abbacino di solitudine.
Oh, che reggano le mie ali
in questa apoteosi
e che il cadere
in seguito
non sia crudele.
Piangi, violino
Piangi, violino.
Singhiozza le tue note
con tutta l'angoscia
che trema nelle dita.
Io prego ascoltando:
la mia anima immortale
si specchia nella musica.
Guerra
Offri il tuo cuore
soldato
al cannone del fratello
ché lo possa frantumare;
trascina la tua fame
nel fango
soldato
perché tua madre
consumi l'anima
in fatiche di preghiera vana;
punta l'arma contro il fratello
soldato
perché la terra si nutra di sangue
e la follia di pochi
sotto un'ancestrale lobotomia
soddisfi la sua assurda avventura
all'ombra di fantasmi colorati
che sventolano bestemmie.
Non sono povera
recitata da Patrizia Bossoni (455Kb, formato MP3)
Non sono povera
ho carta fin che voglio
e matite sempre pronte.
Ho la luce artificiale
quando il sole tramonta.
E ho gli occhi.
E ho il cuore.
Non sono povera.
Il mio paese
Vecchia borgata
coi tetti delle case
messi a sghembo,
le vie contorte, nere, pantanose
per le piogge recenti, o polverose
se soffochi ed al sole t'arroventi.
Vecchia borgata con la torre tozza
tra lande o acquitrini o piane arse
irte di sassi e di cespugli scarse;
col palazzotto dei signori antichi
che domina dall'alto del pendìo.
Vecchio paese, io più non t'amo;
eppur di quando in quando
c'è un richiamo
che sento in fondo
all'anima mia stanca:
sei tu, borgo natìo.
Amo i campi
Vi amo, campi
stretti e divisi dalla vite bruna
dal moro largo di foglie
o dall'ontano:
oppure
distesi su sconfinati spazi
rotti soltanto dai ruscelli gonfi
e dai radi cespugli.
Vi amo ancora che sulla vostra faccia
cresca il loglio dannoso
l'ostinata gramigna
oppur che cresca
il grano alto
verde fino alla calda estate.
Di voi ancora amo
le zolle con le stoppie secche
amare di sudore
le ferite calde
che vi lascia il coltello dell'aratro
l'umor di vita che fumiga da esse
e il profumato mistero
della vostra forza generativa.
Amo il pesco fiorito ed il ciliegio
rumorosi d'uccelli
o i nudi brocchi della siepe
quando la galaverna li raggela.
Tutto amo di voi
perché cantate una dolcissima
canzone d'infinito.
Grano
Giugno apre il suo sole
sulle spighe che marezzano
come bronzo polito.
Profumo essenziale di pane
e buona terra
avanti che combusti vapori
di mietitrebbia offendano.
Stringi le dita su un chicco solo:
è forza grande
di vita.