Pubblicazioni
Berto-coscienza,
romanzo
Lecco, Agielle editore
Dal capitolo quattordicesimo
Fuori era già buio e piovigginava. Anzi, era un nevischio duro e cattivo quello che il cielo nero gettava addosso agli uomini.
Con dispetto s'accorse di camminare curvo e furtivo, rasente i muri. Naturalmente non per paura del nevischio. Non avendo incontrato alcuno né in ascensore né nell'atrio, si sentì vagamente più coraggioso. Era stupido mettere a repentaglio quella lievissima sensazione di benessere per evitare un po' di pioggia o neve che fosse. Non sarebbe risalito e prendere l'ombrello. Si calcò ancora di più il berretto sul cranio infossando il capo nelle spalle.
Le vetrine dei negozi mandavano le loro luci sgargianti ad infrangersi sulla strada. Per Piero, quella sera, non erano chiazze capaci di sovrastare l'asfalto; ma era lo sporco di quest'ultimo che aveva ragione di quelle. Anche i lampioni erano contagiati, le ostinate goccioline li alonavano conferendo loro uno spettrale aspetto ostile.
Cose. Cose. Cose che vivevano la loro effimera vita presa a prestito, di volta in volta, dagli stati d'animo degli uomini che se ne servivano.
Dal capitolo quattordicesimo
Afferrò il grande vaso del soggiorno, quello che Maddalena amava tanto e che aveva già tentato di usare come valvola di scarico o strumento di vendetta. Puerile, ma calmante, forse.
Piaceva tanto a quella puttana. Perché non se l'era portato? perché non se l'era portato? perché...
Le schegge saltarono da tutte le parti e il rumore secco come una fucilata dovette passare le pareti degli appartamenti contigui.
Questo pensiero lo colpì come una doccia fredda. Ecco uno dei suoi punti deboli. In questo caso "gli altri" avevano importanza.
Quando cioè i loro occhi, ironici o pietosi non importa, ti possono vedere dentro e leggere la ferita che lacera il tuo orgoglio legittimo.
E subito appresso la seconda considerazione terribile: ora era solo; era rimasto solo anche materialmente.
Piero si fece rotolare sulla lingua la paroletta, così piccola, così tondeggiante e capì, per la prima volta, quanto sia densa di significato nella quasi totalità dei casi.
Si sentiva la testa completamente vuota; l'unica cosa che capiva con chiarezza era che doveva tenere le labbra ben serrate, inchiavardate per trattenere nella trachea quel grido terribile e duro, come un ciottolo di fiume, che voleva uscire prepotentemente.
Affondò i pugni nelle tasche e si diede a radunare con il piede i cocci che spinse in un mucchietto sotto il mobile.
Ecco un'azione completamente inutile. Un coccio, una stoviglia, un mobile intero possono stare dove li metti; e ciò non ha importanza né per te né per loro. Possono anche non esiste. Non per questo tu cesserai di essere un uomo, cioè uno sconosciuto chiuso in una gabbia da cui potrai "guardare" altri sconosciuti e lasciarti "guardare" da essi. Che non è "vedere". Una gabbia da cui potrai sporgere una mano, un braccio e fare le boccacce e bestemmiare; ma da cui non potrai uscire.
Dal capitolo diciannovesimo
Laura aveva sollevato il busto puntellandosi su un gomito per guardare in faccia il suo compagno. Era tremendamente serio.
Vedendosela sopra Piero girò la testa dalla sua parte e sorrise un po' incerto.
– Non mi hai risposto. Ti piacerebbe? –
– Allora fai proprio sul serio. –
Laura si sentì vagamente inquieta. – Prima di tutto dammi un bacio, poi ne riparleremo, – disse.
– Perché vuoi guadagnare tempo, Laura? –
All'improvviso ella si sentì stanchissima.
– È mai possibile, Piero, che tu non ti rilassi mai? – Nella voce le tremavano le lacrime.