Celeste Chiappani Loda

Lungo il binario - Rubrica culturale

Roma senza papa di Guido Morselli

Adelphi, 1974

Tentando di porre ordine tra le mie innumerevoli "sudate carte" m'imbattei in una serie di appunti stilati alla fine degli anni Settanta che, nelle mie intenzioni, avrebbero dovuto servirmi per un articolo su Guido Morselli; articolo che, per ragioni ormai dimenticate, non scrissi mai.

Conoscevo lo scrittore solo di nome ma anche come amante e difensore della Natura, quindi membro di una Associazione a carattere naturalistico che editava un trimestrale (Pro Natura) a cui collaborai per oltre un trentennio, fino cioè alla sua estinzione dovuta alla morte del fondatore-direttore.

Anche se Morselli aveva al suo attivo due pubblicazioni, Proust o del sentimento e Realtà e fantasia, come scrittore era pressoché sconosciuto. Ma poi la notizia, che tuttavia anche stavolta non interessa una cerchia molto ampia: Morselli si è suicidato.

La causa vera non seppi mai, ma come concausa il fatto – mi si disse da gente molto vicina a lui – che una Casa editrice di quelle che contano, per una sopravvenuta questione interna, ruppe il contratto con lo scrittore alla vigilia della pubblicazione di una suo romanzo. È già assai triste un fatto del genere, tuttavia vorrei porre l'accento sul crudele squallore di un fatto conseguente, pure se comprensibile visto nell'ottica delle ferree leggi di mercato. Eccolo: un'altra Casa editrice, fiutando l'affare, acquistò dagli eredi i diritti su tutti gli inediti del poveretto, pubblicando una serie di opere che ebbe grande successo, mentre alla Radio nazionale si trasmetteva un suo dramma, a quanto mi si disse, seguito da gran numero di ascoltatori, intitolato Il comunista.

Dopo tutto questo, autoincolpandomi di banalità e di piccineria, e avvertendo un vago e assurdo senso di colpa, lessi Roma senza papa restandone subito presa.

In quest'opera – e presumibilmente in tutta la sua produzione – Morselli fa mostra d'uno stile assai incisivo; stile che si propone al lettore non sotto le vesti d'una linearità che difficilmente sfugge al banale, senza tuttavia indulgere a quelle contorsioni di frasi involute che tanto spesso incontriamo nella narrativa contemporanea. Andamento elegante, dunque, procedere pulito e ricco d'impegno, dove i concetti non sono mai pedestri ed il rispetto della nostra lingua nella sua forma più pura e musicale è tenuto nel giusto conto, con il risultato di una lettura godibile e proficua.

Ma ciò che mi ha spinto a ricordare quest'uomo, che ebbe l'invidiato coraggio di dire no e di cancellarsi per sempre, è stata la considerazione di un Morselli attento alla poesia delle piccole cose che ci circondano. Poesia che noi riusciamo a penetrare quando ci annulliamo, fino ad uscire dal nostro precario quanto poco edificante involucro, per accettare il nostro "niente" di entità non certo necessarie all'ingranaggio crudele dell'universo.

Per questo riporterò qui una frase estrapolata dall'opera da me letta: "[...] il silenzio lì si adunava, sui prati segnati ora da una pioggia di sole, per uno squarciarsi di nuvole a ponente verso il mare. Silenzio [...] bucolico mi pareva; vi era sospeso un lieve suono metallico, di arpa toccata dal vento. Nient'altro che un apiario che brulicava lì accanto."