Celeste Chiappani Loda

Lungo il binario - Rubrica culturale

Poesie per bambini

Pure se meno diffusa della fiaba e della favola, la poesia per bambini gode di un suo notevole spazio. Poesia in genere caratterizzata da rime, anche in corpo di verso, che le danno una cadenza gradita all'orecchio dei lettori cui è destinata.

La serie qui riportata ha un chiaro intento didascalico ed è stata pubblicata su un periodico a carattere ecologico; tolto l'ultima, La pioggia, alla quale è legato un piacevolissimo ricordo.

Molto tempo fa aiutavo un'alunna delle elementari ad adempiere ai suoi doveri scolastici. Avvenne che un giorno, contrariamente al solito, non riuscivo a catturare l'attenzione della piccola Nadia, a danno della resa voluta. Visto che ogni mio sforzo era vano, ebbi l'idea di proporle un dettato. Così, come incentivo, le dettai la poesiola spiegando che l'avevo scritta io. Nadia parve molto interessata e scrisse tutto quanto senza errori.

Quando la bambina se ne andò, alla fine della lezione, già più non pensavo a La pioggia; ma quale non fu la mia sorpresa vedendola arrivare il giorno dopo con gli occhi lucidi d'eccitazione. Senza salutarmi annunciò tutto d'un fiato:

– Sa, la poesia che mi ha dettato ieri è piaciuta tanto alla mia mamma che me l'ha fatta imparare a memoria. Io le ho detto che l'ha scritta lei, tutto da sola. –

E subito, cantilenante, attaccò a recitarmela fino in fondo senza impappinarsi.

Piccolo abete

Piccolo abete candido di neve
dall'abetaia fida intorno guardi,
speri di crescer, sola tua mercede
al ben che spandi.
Quante estati ancor lunghe vermiglie
hai tu davanti in cui canori uccelli
d'amore son sicuri, in cui giunchiglie
grate proteggi.
Tornan le primavere e poi se 'n vanno,
ma tu sicuro sei di lunga vita:
piccolo il tronco e i rami solo un anno
contano appena.
Piccolo abete candido di neve
a che i tuoi giusti sogni, i tuoi respiri
se crescer forte, sola tua mercede,
non potrai più?
Giunge il Natale, all'abetaia scempio
compiono mani dure, senza amore.
Felici bimbi a questo atto ampio
avranno doni.

Il grillo

Cricrì, cricrì,
il grillo nero è sempre lì
sotto una foglia di gelsomino,
canta di sera, notte, mattino.
Cricrì, cricrì.
Povero grillo, esso è felice
d'un poco d'ombra e di quel che dice;
crìcrì, cricrì
e il suo gran mondo è tutto qui.
Stridenti zampe, addome nero
saltella e scatta lungo il sentiero
pien di rugiada, pieno di verde,
nessun l'ascolta e lui si perde
sotto una foglia di gelsomino
canta di sera, notte, mattino:
cricrì, cricrì,
e la sua vita è tutta lì.

Dicembre

Lieve come piuma d'uccello
bianca come bioccolo d'agnello.
Sulla collina spoglia e brulla
sulla croce e sulla culla.
Sui palazzi cittadini
sopra i coppi ed abbaini,
tutto geli, tutto sbianchi,
dài riposo ai prati stanchi.
In terra al chicco dài riparo
che non sarà di grano avaro.
Sol l'uccello pigolando
cerca cibo e cerca caldo.
Esso è triste, a volte muore
senza un poco di calore.

Le foglie morte

Cadon le foglie morte
gialle rossastre brune,
lasciano i rami nudi
di tra le brume.
Cadon nel fango alcune,
altre volano al vento
come disciolte mani
a cento a cento.
Stridono quelle secche
sotto ogni passo:
piangon del loro tempo
il breve lasso.

L'ape e la farfalla

Un giorno l'Ape
su un fiore si posò
e vide sul quel fiore
la Farfalla.
– Ivi che fai? –
chiese sgarbatamente.
– Il miele tu non dài.
Vattene via di qua! –
– Ma io son bella, –
disse timidamente la Farfalla.
– Se agli uomini tu dài
l'utilità
io, leggiadra,
porgo la beltà! –
E l'Ape dopo un po':
– Hai ben ragione –
disse mortificata.
– Ti chiedo scusa
piena d'umiltà.
Resta anche tu:
sul fiore
staremo bene entrambe
se un briciolo d'amore
ci unirà. –

L'agnello smarrito

Candido agnello, sulla balza bruna
dove il pino mugo alligna stento
tremando annusi l'aria che s'imbruna.
Sciorina il vello tuo il molle vento.
La mamma hai perso ed il pastor ti chiama,
ti cerca e tu rispondi col belato
ch'è tanto fievole. Ecco, ti richiama.
Corri, agnellino bianco: là sul prato
ai piedi del pendìo erto e roccioso!
È là tutto il tuo gregge, e là c'è Bello.
Là c'è di mamma tua il cuore amoroso
che, pieno d'ansia, attendeti all'ostello.

Tell

Tell è morto digrignando i denti
dal male
ma la mano mia che l'accarezza
lecca.
La coda magra piano pian dimena.
Tocco il collare
accanto alla sua cuccia
che porta ancora il tiepido del collo.
Ma Tell è morto.
I suoi occhi caldi assorbendo il cielo
si sperdono chiedendomi perché.
Non so che dire, Tell,
sei solo un cane.
Io ti ho amato vivo ed or ti piango,
piango sul giglio bianco che ho piantato
sulla tua zolla.

Frilli

Frilli cinguetta
dentro quella gabbia
lucida e nuova.
– ma com'è stretta! –
pensa Frilli. E cinguetta.
Se sporge il capo
fuori da una sbarra
vede un gran prato verde.
Se volge l'occhio in alto
al cielo azzurro
lo spirto suo si perde
e il cuor
di nostalgia gli trema.
Frilli cinguetta.
Qualcuno dice:
– Esso è felice. –
– Ma non capite? –
vorrebbe urlare Frilli.
– La mia è rabbia:
libero nacqui! –
Eppure ancor cinguetta
perché pianger non sa.

La pioggia

Tic, tic, tic... Questo rumore cos'é?
È la pioggia che batte sui vetri,
è la pioggia che batte sui tetti
e risuona come confetti

che discendono in terra dal ciel.
In ogni goccia c'è l'arcobaleno,
è una piccola sfera lucente,
smuove l'aria grigiastra e silente
dissetando le zolle ed i fior.
Gli uccellini seduti sui rami
attendon che torni il sereno
per lanciare gioiosi richiami
sotto i raggi dorati del sol.